Abitudini

Che NOIA, che barba!

La noia cos’è e come combatterla

Se pensi che l’argomento sia “noioso” … probabilmente questo articolo ti sarà rivelatore!

Che barba, che noia soleva ripetere, una famosissima Sandra della TV, nei suoi sketch col marito sullo scadere degli anni 80. Ricordo ancora quelle lenzuola svolazzanti, sopra le sue gambe che scalciavano nel letto in maniera iraconda.

Qualche settimana fa stavo viaggianto in treno (non mi capita spesso); la tratta era piuttosto lunga: Verona – Lecce.

Un treno per…

Le ore da trascorre in carrozza si presentravano come un’opportunità, per sbrigare compiti che continuavo a rimandare.

Entusiasta, ero partita con agenda, libri nello zaino, ricarica per cellulare alla mano, sia mai che perda la connessione. 

Passa un’ora, ne passano due, tre e anche quattro. Un po’ leggo un po’ sonnecchio un pò (tanto) mi scazzo e, lì mi si accende la lampadina (non che fosse buio no – no) ed ho cominciato a fantasticare, a lasciar fluire, a far vagare la mente e lo sguardo, liberi di posarsi su ciò che appariva, all’esterno e all’interno di me. Come dentro così fuori.

Immagini/immagina

Le immagini, al di là dal finestrino, a volte scorrevano veloci, altre più lente. Potevo afferrarne i dettagli in alcune occasioni, in altre soltanto immaginarli. Non solo natura: alberi campi colline e – via via che scendevo da nord a sud – spiaggie mare battigie. Anche persone, cancelli, rottami, animali. Ciò che accomunava il costante dipanare del mio viaggiare era quel fil/rouge chiamato cielo: come in alto così in basso.

Tanti colori, molte sfumature; un grigio plumbeo, carico di pioggia appena partita e, mano mano che la corsa scavalcava gli Appennini, nuvole tendenti al bianco, diradandosi, permettevano all’azzurro del cielo di ottobre, di creare uno spiazzo, quell’azzurro terso, che tutti incanta, quando ci permettiamo di offrirlo al nostro sguardo.

Da lì in poi quel divagare divenne un vagare, un entrare errante nello spazio oltre il tempo, nel mood di ciò che appariva senza fini… senza confini . Non più una linea retta, come i binari su cui stavo sferragliando, bensì un salire e scendere, quasi involontario, come un foglio striminzito, svolazzante in mezzo al nulla, spostato da una corrente d’aria non violenta, ma decisa.

Persino il rumore meccanico del treno diventava un sonoro ipnotico, come se attraverso cuffie on-ear, immergesse nel momento, nell’essere lì, presente e solo per quell’attimo che, neanche il tempo di accorgerterne ed eri già altrove, oltre.

Cosa c’entra la noia?

Ti chiederai cosa c’entra, tutto questo, con la noia. La risposta è una scoperta che mi è arrivata; in realtà non sarebbe corretto chiamarla scoperta, meglio correggere con Ri-Scoperta. Sì!

Quante volte lo facevamo da bambini, io, tu… ricordi? Quali erano i tuoi passatempi preferiti, nei pomeriggi estivi, quando i tuoi genitori, subito dopo pranzo, si permettevano un sonnellino pomeridiano. Caldi anni ’70 in cui non ti era consentito accendere la TV o giocare a pallone, altrimenti disturbavi e, cosa facevi? Ti viene in mente? Quanti anni avevi? 10-12-15?

Come occupavi quegli spazi di noia che ti si presentavano così prepotenti? Ho un’immagine chiara di una ragazzina, a cui Santa Lucia aveva regalato una scrivania in legno, con incluso il sedile. Un pezzo tutto collegato, intero, come un banco scolastico in miniatura e la lavagna ed un coperchio che – sollevandolo – presentava un mondo intero di oggetti, con i quali la fantasia poteva galoppare.

Quel banco scuola era richiudilbile e poteva stare, giusto giusto, nello spazio cieco dietro la porta della cucina. Un’area ridotta, ma per me allora un mondo fantastico, che mi acconsentiva ad isolarmi. Nel momento stesso che qualcuno apriva la porta per entrare nella stanza, non esistevo più, nascosta, invisibile, indistinguibile, camaleontica.

Il banco scrivania che usavo da piccolina come rifugio segreto. Anni 70.

Perché è importante annoiarsi?

La noia è uno stato d’animo che viene, generalmente, percepito come qualcosa di negativo, un vuoto da colmare con qualcosa da fare e, quel fare deve essere utile o almeno divertente.

Oggi la paura della noia è diventata quasi un’ossessione, che ci coinvolge senza che ce ne rendiamo conto. 

Scene di ordinaria mono-tonia

A cena con una coppia e bimbetta treenne.

Ancor prima di sederci a tavola, la giovane madre estrae il cellulare dalla borsa e lo piazza davanti al piatto della figlioletta. Per tutta la serata quello schermo rimase sintonizzato sulla fiaba preferita della bimba, che, nonostante lo scarso vocabolario, conosceva gran parte delle battute.

Ciò che più mi colpì fu il fatto che il video continuasse la sua trama, anche quando la bimbetta si alzava dalla suo posto, per scherzare con i camerieri o distratta da quell’ambiente nuovo che, sicuramente, trovava più divertente che rimanere seduta.

Quando ci troviamo in queste situazioni siamo subito tentati di trovare qualcosa in cui impegnare i nostri figli e questo è comprensibile; cerchiamo di occupare momenti che crediamo frustranti sia per il bambino che non sa cosa fare, che per i genitori.

Vittima o re-di-vivo?

Ma con la noia dobbiamo imparare a convivere e questo particolare periodo di pandemia ci ha offerto un’occasione unica, da non sprecare, per farlo con il criterio della leggerezza. Tutti noi abbiamo sprimentato con giocosità un nuovo modo di stare a casa, condividere del tempo con i nostri familiari, sbizzarirci in ambiziosi manicaretti o nuove rivisitazione delle nostre abitazioni, interne ed esterne.

L’uomo è da sempre vittima potenziale della noia, sin dai tempi delle caverne.

I lunghi tempi di inattività erano, probabilmente, insopportabili all’uomo preistorico pronto all’azione e ricco di curiosità.

Immagina una piovosa giornata d’inverno, in una caverna della preistoria, in una staticità obbligata. Ci si poteva annoiare a tal punto da iniziare a fare dei segni sulle pareti, per rievocare nostalgicamente l’ultima caccia, esternando con graffiti, che divennero poi le prime espressioni dell’arte.

“Non fare nulla”, sinonimo grossolano della noia, significa ricominciare a fare qualcosa. Partire da un appiattimento, un disagio, un’insoddisfazione, e trovare la spinta per nuove idee, nuovi progetti, mettere in atto dei cambiamenti. Ecco per quale motivo, come confermano diverse ricerche scientifiche, la noia è il momento migliore per essere creativi, inattaccabili da qualsiasi stimolo esterno.

Non evitarla

Cerca momenti, durante la giornata per fare assolutamente nulla, e NON SENTIRTI in colpa. Lasciati trasportare, segui il flusso, rimani sull’onda della curiosità e chissà dove ti potrà condurre.

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